CONSULENZA PSICOLOGICA E PSICOTERAPIA
Psicologo e psicoterapeuta, informazioni e consigli per la scelta
Nella mia esperienza, ho visto che i pazienti scelgono il proprio terapeuta basandosi prevalentemente sul passa parola, sul consiglio di amici e conoscenti. Può essere utile avere alcune informazioni preliminari.
Lo psicologo è il professionista che si occupa di prevenzione, diagnosi e riabilitazione in contesti individuali, interpersonali, istituzionali e di lavoro.
Si può avere bisogno di consultare uno psicologo in fasi critiche del ciclo di vita personale o familiare, sul lavoro o nello sport. Quando si percepisce un disagio emotivo collegabile ad eventi esterni, scelte difficili da affrontare, o anche per migliorare il proprio benessere può essere utile un lavoro psicologico che ci aiuti a conoscere meglio il nostro funzionamento psichico ed emotivo per attivare le risorse necessarie al cambiamento.
Lo psicoterapeuta è uno psicologo che si è ulteriormente specializzato in scuole pubbliche o private per un periodo di altri 4 anni, oltre i 5 da psicologo. La attività dello psicoterapeuta è principalmente rivolta alla risoluzione dei sintomi e dei quadri psicopatologici di lieve, media, grave entità. Nei diversi contesti, psicologo e psicoterapeuta collaborano con altri professionisti come medici, dietisti e nutrizionisti, allenatori, insegnanti, ecc.
Gli psicoterapeuti spesso svolgono una propria terapia personale, all’interno del proprio percorso di formazione. Non è obbligatorio, ma molte scuole consigliano la terapia come fase importante del percorso. Personalmente credo che sia molto importante.
La legge 56/89 definisce i criteri di formazione, di competenze, i diritti e i doveri che regolano la professione di psicologo e di psicoterapeuta. Gli Ordini regionali svolgono funzione di tutela della clientela, monitorando l’applicazione del Codice Deontologico. Da questo punto di vista, un tema particolarmente delicato nel lavoro psicologico è il rispetto della privacy del paziente. La legge e la deontologia ci impongono estrema attenzione alla tutela della riservatezza dei nostri clienti o pazienti, ancor più che in altre professioni.
Come scegliere psicologo o psicoterapeuta “giusto” per la mia esigenza? Il rapporto terapeutico è una “costruzione” di relazione, che è un elemento importante ma non è il solo. Il professionista deve avere una buona formazione curriculare, ma deve anche essere formato ed avere esperienza riguardo al vostro problema. Le competenze per affrontare ad esempio un disturbo alimentare, una patologia di gioco d’azzardo o disturbi del neurosviluppo, non si improvvisano. Potete verificare la formazione del terapeuta che avete scelto sui siti degli Ordini regionali degli Psicologi. Fate riferimento ad associazioni o servizi pubblici o privati che possano consigliare e dare i contatti con i professionisti più indicati per la vostra esigenza.
Negli ultimi anni si è sviluppata l’offerta di servizi psicologici on line tramite piattaforme dedicate. Questo consente a molte persone, che avrebbero difficoltà per motivi logistici, di costo o per altro, di accedere a consulenza o terapia. Anche se personalmente preferisco lavorare in presenza, non si può negare che l’ampliamento della platea è una buona cosa, anche in considerazione del fatto che i servizi pubblici tendono ormai da anni a prendere in carico prevalentemente le situazioni più gravi, lasciando senza risposta casi di gravità intermedia.
Come affrontare il problema
L’elenco degli iscritti all’Ordine degli Psicologi nella propria regione riporta informazioni di base necessarie. Oltre ai dati di contatto si può verificare l’ abilitazione come psicologo e/o psicoterapeuta, l’ambito d’intervento (ad es. età evolutiva, adulti ecc.), l’ orientamento professionale (ad es. cognitivo comportamentale, sistemico ecc).
Esempio dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia Romagna https://www.ordinepsicologier.it/it
DISTURBI ALIMENTARI
Avere problemi con cibo, peso o forma del corpo
È sempre più frequente che ragazze molto giovani abbiano preoccupazioni eccessive rispetto al proprio aspetto fisico e che sviluppino il pensiero di poter controllare la propria alimentazione, limitando quantità e qualità dei cibi in modo non salutare.
A volte, si instaura un circolo vizioso nel quale ad un periodo di restrizione seguono abbuffate, con forte senso di colpa e vergogna. Altre volte, le ragazze fanno attività fisica compulsiva, allo scopo di consumare calorie e non per il benessere insito nel movimento.
Anche i ragazzi manifestano sempre più spesso segni di disagio, anche in forma diversa rispetto alle femmine; ad esempio, cercando di “pompare” i muscoli per raggiungere un’ideale estetico.
Il disagio si esprime nel corpo e la terapia deve considerare tutti gli aspetti, medici, nutrizionali e psicologici.
La visione globale del disturbo è condizione necessaria per l’impostazione di una corretta terapia.
Anche la famiglia deve trovare un proprio spazio per offrire sostegno ed aiuto.
Come affrontare il problema
Terapia psicoterapeutica in staff multidisciplinare con medico nutrizionale, dietista e psichiatra.
OBESITÀ E CHIRURGIA BARIATRICA
Avere peso in eccesso
Sovrappeso ed obesità sono problemi che riguardano molte persone, in numero sempre crescente, anche tra bambini ed adolescenti.
Nonostante ciò, sappiamo ancora troppo poco delle cause; l’interazione tra fattori genetici, ambientali e emotivo-comportamentali è, al momento, la spiegazione più accettabile.
Nell’affrontare una terapia per la riduzione del peso in eccesso, un ruolo fondamentale è da attribuire al cambiamento dello stile di vita ed alla rimodulazione dell’emotività legata all’alimentazione e al cibo, al peso ed alla forma del corpo.
Le persone con peso in eccesso hanno spesso un forte disagio psicologico, provano emozioni negative nel confrontarsi con altri, sono soggette a discriminazioni a scuola e sul lavoro, tendono ad auto isolarsi e ad avere bassa autostima.
A volte vivono con vergogna e senso di colpa, soprattutto quando il loro comportamento alimentare è caratterizzato da alternarsi di abbuffate e restrizioni alimentari.
Affrontare la dimensione psicologica di sovrappeso ed obesità, in coordinamento con medici nutrizionisti e dietisti è necessario per avere un buon esito del trattamento e per mantenerlo a medio e lungo termine.
Come affrontare il problema
Terapie individuali per la riabilitazione psicoemotiva del comportamento alimentare in coordinamento con medico e dietista.
Percorsi di gruppo per affrontare le difficoltà emotive conseguenti a sovrappeso ed obesità
DISTURBI D'ANSIA
Paura, ansia e fobie
La fobia è una paura costante ed intensa di un oggetto, un animale o una situazione. Quando l’intensità della paura raggiunge picchi molto alti, la persona vive un disagio fortissimo, sviluppa sintomi somatici oppure timore di morire o di impazzire. Se immaginiamo un “termometro” che misuri questo malessere, avremo una scala che va dal “disagio”, “timore”, “paura”, “terrore”, fino al “panico”.
La persona vive un’esperienza catastrofica ed organizza la propria vita per evitare il contatto con l’oggetto che può riattivarla. Tutti abbiamo piccole paure, situazioni nelle quali siamo in tensione e che vorremmo evitare.
Una persona con fobia prova vero e proprio terrore e la sua vita quotidiana è modificata anche pesantemente per tenere lontano la fonte della paura.
La paura è un’emozione primaria ed ha funzione protettiva rispetto ai pericoli dell’ambiente. E’ il risultato della storia evolutiva della nostra specie, deriva dalla previsione di un danno e serve a preparare il nostro corpo alla difesa.
L’attivazione fisiologica che proviamo corrisponde proprio alla necessità di affrontare il pericolo nel migliore dei modi.
Quando proviamo paura, si alza il tono adrenergico, i battiti cardiaci diventano più rapidi, il sangue irrora i muscoli, il respiro diventa più frequente, il tono muscolare aumenta, l’apparato digerente sospende la sua attività, insomma tutto il corpo è vigile e reattivo agli stimoli esterni.
La paura, in quanto emozione di base è geneticamente determinata, insita nel nostro patrimonio di base.
E’ possibile che ci siano differenti sensibilità individuali agli stimoli esterni, anche se la risposta riproduce schemi comuni a tutti gli esseri umani. In altre parole, possiamo essere più o meno reattivi ad alcune situazioni, ma il modo in cui esprimiamo la paura è universale e riconoscibile da chiunque.
La paura diventa un problema quando perde la funzione adattativa appena descritta. La paura diventa ansia quando si riferisce a situazioni che normalmente non sembrano spaventose, o almeno non così tanto. La persona con fobia è essenzialmente una persona ansiosa. Infatti per evitare il contatto con l’oggetto fobico, la persona non fa altro che anticipare ed allargare l’elenco delle situazioni che fanno paura. Questo può avere conseguenze importanti nella vita quotidiana e può innescare uno schema a spirale in cui il problema iniziale contamina molti altri ambiti della vita, con risultanti invalidanti.
La fobia ha due elementi caratteristici:
- l’ansia si manifesta in circostanze ben specifiche o anticipa il timore di ritrovarsi in una determinata situazione.
Ad es. se ho la fobia dei piccioni, la mia ansia si attiva solo alla vista di un piccione o al pensiero di andare in luoghi all’aperto dove potrebbero esserci colonie di piccioni.
- Il tentativo sistematico, consapevole e massiccio di evitare la situazione fobica. Inizialmente l’evitamento sembra la soluzione al problema, in realtà diventa il meccanismo attraverso cui un comportamento adattivo si trasforma in sintomo psicologico. La persona si crea una gabbia fatta di divieti sempre più ampi, di situazioni dalle quali allontanarsi, di piaceri ai quali rinunciare pur di evitare il contatto con l’oggetto fobico. In breve tempo si crea un circolo vizioso con conseguenze negative sulle relazioni, sulle opportunità di vita e di lavoro, sul proprio benessere.
Ad es. per evitare i piccioni, non solo non frequento più luoghi aperti, ma rinuncio alle uscite con gli amici, tengo chiuse le finestre di casa, evito immagini, libri o film che evocano uccelli o altri animali volanti ; è possibile che la fobia condizioni anche scelte importanti come gli studi o il lavoro.
L’impatto sulla qualità di vita dipende non solo dal tipo di oggetto fobico, dalla frequenza di contatti/evitamenti possibili, ma anche dall’intensità del sintomo. Ad esempio una persona che ha la fobia di usare l’ascensore, potrebbe non risentirne troppo se abita in una casa bassa in campagna e non ha occasioni frequenti di salire ad un piano alto. Le condizioni di vita potrebbero cambiare, la persona potrebbe accettare un lavoro importante che implica recarsi in un ufficio al diciottesimo piano di un grattacielo. Cosa fare, accettare la proposta oppure rinunciare ad un’opportunità interessante? Qualsiasi sia la scelta, la persona si trova a dover affrontare il sintomo e le sue conseguenze. La soluzione apparentemente più facile è quella di rinunciare, ma così aumenteranno ansia e disistima per non aver saputo affrontare la paura. La soluzione più utile implica affrontare il problema, seguire una terapia mirata con la guida di uno psicologo, avere un approccio attivo.
Come affrontare il problema
Seguire una terapia mirata con la guida di uno psicologo, avere un approccio attivo.
DISTURBI D'ANSIA
Attacchi di panico
L’attacco di panico è un’eccessiva reazione fisica e psichica dovuta a quello che noi percepiamo come un pericolo (ansia), anche se in realtà non è tale. Si distingue per tre caratteristiche principali:
- consiste in una intensa apprensione, paura e ansia;
- arriva di solito quasi improvvisamente;
- ha, generalmente, una breve durata.
Quando gli attacchi di panico sono ricorrenti, si parla di “Disturbo di panico“.
Spesso un attacco di panico non è preannunciato da nessun sintomo in particolare, arriva improvvisamente e inaspettatamente, “a ciel sereno”. È questo il motivo per cui spaventa tanto. In realtà ha sempre un fattore scatenante, anche quando non siamo in grado di riconoscerlo come tale.
I sintomi fisici più comuni sono:
- sensazione di soffocare
- sensazione di nodo in gola
- sensazione di non riuscire a respirare, e quindi respirazione affannata
- battito del cuore accelerato
- dolori al petto
- mal di testa
- sensazione di dovere andare al bagno
- gambe molli
- sudorazione eccessiva
- vampate
- senso di debolezza
- vertigini
- sensazione di confusione mentale
- rossore
Anche i pensieri si modificano durante un attacco di panico. Le persone che hanno un attacco di panico temono che accadrà loro qualcosa di grave. Pensano, ad esempio, che moriranno, che impazziranno, che faranno una figura terribile. Pensieri come: “Avrò un infarto” o “Ora svengo” sembrano così reali nel momento dell’attacco di panico da far sì che alcuni arrivino a chiamare l’autoambulanza o vadano in ospedale. Dopo aver provato una volta la spiacevole esperienza di un attacco di panico, la persona colpita teme ovviamente che possa accadere di nuovo. Si innesca, dunque, anche in questo caso, un circolo vizioso che può trasformare il singolo attacco di panico in un vero e proprio disturbo di panico.
Gli attacchi di panico sono molto diffusi, soprattutto tra i giovani. Si stima che circa il 30% della popolazione urbana soffrirà, almeno una volta nella propria vita, di un attacco di panico.. Tra le cause più diffuse ci sono:
- la predisposizione genetica;
- lo stress;
- le preoccupazioni circa la propria salute;
- sentimenti spiacevoli causati, ad esempio, da problemi o difficoltà personali o professionali.
Quando questi non vengono affrontati o non possono essere affrontati rimangono latenti, provocando nel tempo un aumento dell’ansia che si potrà trasformare in panico.
Quali sono le conseguenze degli attacchi di panico?
La principale conseguenza degli attacchi di panico è la tendenza ad evitare tutte le situazioni o le persone ritenute pericolose. Le persone che soffrono di attacchi di panico cercheranno di fuggire il prima possibile dalla situazione o dalle persone che provocano loro malessere, evitando situazioni simili nel futuro, metteranno in atto meccanismi che li rassicurino (portare con sé medicinali, evitare cinema o piazze), fino, nei casi più gravi, a non uscire più di casa. È stato anche stabilito che gli attacchi di panico sono correlati ad altri disturbi quali la depressione e l’agorafobia (paura di camminare per strada, degli spazi aperti).
Come affrontare il problema
La psicoterapia degli attacchi di panico consente di prevenire e ridurre l’impatto dell’ansia acuta; consiste in una terapia che integra approcci di tipo corporeo e cognitivo comportamentali.
DISTURBI DI PERSONALITÀ
Riconoscere un disturbo di personalità
Capita, a volte, che un paziente arrivi al primo colloquio con domande dirette, del tipo: “Dottoressa, ma io ho un disturbo di personalità?”, oppure “sono davvero border, come dice mia sorella?”. Dare un nome al proprio disagio può aiutare moltissimo. Ma attenzione, la diagnosi di un disturbo di personalità richiede l’approfondimento dell’ambito relativo alla dimensione interpersonale, alle strategie di coping, alla funzione dei sintomi, alla metacognizione. In altre parole, come mi relaziono con gli altri, come affronto i problemi emotivi e cognitivi, quanto i sintomi psichici sono intensi e pervasivi e le capacità di comprensione dell’altro. Diagnosi frettolose o basate solo su informazioni raccolte qua e là corrono il rischio di autodiagnosticare un disturbo, di confondere un modo di funzionare con aspetti strutturali. Un’autodefinizione negativa può essere dannosa tanto quanto una diagnosi sbagliata. E’ fondamentale conoscere le risorse della persona, non solo le disfunzioni. Per cercare di saperne qualcosa in più può essere utile mettere a fuoco alcuni concetti, oltre che affidarsi a un terapeuta esperto.
La personalità è un costrutto complesso, che possiamo sintetizzare come l’insieme delle caratteristiche affettivo/emotive, cognitive, motivazionali e comportamentali della persona e del suo modo di rappresentare se stesso, gli altri e il mondo circostante.
Se intendiamo la personalità come un insieme di caratteristiche discrete, perdiamo la comprensione della complessità e corriamo il rischio di ragionare come se fosse possibile distinguere nettamente “sano” da “malato”. Questo approccio è definito come “categoriale” e pone molti problemi sia dal punto di vista della ricerca, ma soprattutto della clinica e della terapia, non è sufficiente a comprendere le tanti varianti della personalità umana, soprattutto con riferimento agli aspetti disfunzionali e alla psicopatologia.
Per questo gli studi sono orientati a descrivere la personalità come definita da modelli “dimensionali” e “tratti di personalità”. Anche se i problemi teorici non sono tutti risolti, l’approccio dimensionale consente una comprensione migliore della complessità e della funzione svolta dai sintomi rispetto all’integrità psichica. La formulazione diagnostica dei casi individuali non è più solo descrittiva per macro categorie, ma prevede l’articolazione delle caratteristiche su un continuum quali-quantitativo e la comprensione delle relazioni tra i vari tratti di personalità. Questo facilita la costruzione di progetti terapeutici personalizzati e la valorizzazione delle risorse personali. In letteratura esistono diversi modelli di tratti di personalità. Ad esempio il Big Five Model (detto Big Five) descrive cinque tratti che sono
- Estroversione (dinamismo, dominanza)
- Amicalità (cooperatività/empatia, cordialità/ atteggiamento amichevole)
- Coscienziosita’(scrupolosità, perseveranza)
- Nevroticismo (controllo delle emozioni, controllo degli impulsi)
- Apertura mentale (apertura alla cultura, apertura all’esperienza)
Il modello biopsicosociale, più articolato, descrive la personalità come insieme di temperamento e caratteri, dove il temperamento è l’insieme dei pattern di risposta affettiva a stimoli emotivi e ambientali, con una forte componente biologica; il carattere invece è l’insieme degli scopi, bisogni e valori, basati sulla rappresentazione mentale di noi stessi e del mondo. L’interazione tra aspetti neurobiologici ed esperienze spiega lo sviluppo della personalità ed eventuali disfunzionalità.
Un contributo fondamentale per comprendere la personalità viene dalla teoria dell’attaccamento, che a partire da Bowlby e successive letture di Main e di Crittenden, descrive lo sviluppo psicoemotivo attraverso la storia della relazione con le figure di cura primaria. Conoscere la storia dell’attaccamento aiuta a comprendere come la persona ha “appreso” gli schemi di funzionamento rispetto alla sicurezza, al senso di protezione e all’affettività. Molte disfunzionalità hanno origine dalla difficoltà di costruire relazioni primarie sicure e calde, con conseguenze nella costruzione della rappresentazione mentale di se stessi. Alla base di alcuni disturbi di personalità troviamo spesso un attaccamento disorganizzato, che è il risultato di non avere sperimentato la protezione e il calore di relazioni primarie solide, coerenti e sicure. Sarà quindi importante comprendere come nella vita psichica si è costruita l’idea di sé nel mondo, quale esperienza emotiva mi fa sentire sicuro e amato?
Come riconoscere un disturbo di personalità?
Il DSM5 definisce disturbo di personalità quando la persona manifesta schemi di comportamento e esperienze interiori marcatamente distanti dalle aspettative del proprio contesto sociale e culturale, in modo pervasivo e inflessibile, in modo stabile nel tempo e quando c’è sofferenza e disagio psichico. Di solito si manifesta nell’adolescenza e nella prima età adulta. Gli ambiti coinvolti sono la cognitività, l’affettività, le relazioni interpersonali e il controllo degli impulsi. E’ importante notare che la diagnosi si fa non con riferimento a specifici tratti di personalità, ma soprattutto alla rigidità e al disadattamento, alla compromissione funzionale e alla sofferenza per se stesso e per gli altri. I tratti di personalità patologici sono tendenzialmente stabili nel tempo e spesso non percepiti come disfunzionali, in quanto la persona li percepisce come egosintonici. Esiste una ampia gamma di intensità e di modulazioni temperamentali, per cui persone con diagnosi di disturbo di personalità possono avere una vita relativamente “normale” o addirittura di successo. Sono note le biografie di personaggi famosi con disturbo di personalità, questo perché il contesto sociale può essere favorevole o meno.
Questo comunque non toglie nulla rispetto alla necessità di cura a persone che hanno livelli elevati di sofferenza psichica ed emotiva. La psicoterapia e la terapia farmacologica possono aiutare a raggiungere un equilibrio soddisfacente, come molti studi dimostrano. E’ sempre necessario partire da una diagnosi accurata, che evidenzi gli schemi funzionali e disfunzionali e i fattori di mantenimento del disturbo su cui intervenire con psicoterapia e farmaci.
Il DSM 5distingue tre macro gruppi, che sono
- Disturbi di personalità del gruppo A, cioè disturbo paranoide, disturbo schizoide, schizotipico di personalità
- Disturbi di personalità del gruppo B, cioè disturbo antisociale, border, istrionico, narcisistico di personalità
- Disturbi di personalità del gruppo C, cioè disturbo evitante, dipendente, ossessivo compulsivo di personalità
Come affrontare il problema
E’ importante avere una approfondita diagnosi funzionale, sulla base della quale costruire un percorso terapeutico, che comprenda psicoterapia e farmaco terapia. La buona formulazione del caso è fondamentale per individuare i nuclei su cui lavorare.
SUPERVISIONI E FORMAZIONE
Supervisioni e formazione
Una delle attività che preferisco è la formazione e supervisione sulle competenze specifiche dello psicologo nel campo della chirurgia bariatrica.
Lo psicologo che si occupa di obesità deve saper fare la valutazione d’idoneità all’intervento, progettare e condurre percorsi psicoeducativi pre e post chirurgici, di riabilitazione comportamentale, di psicoterapia, e deve collaborare con l’équipe chirurgica in tutte le fasi del processo.
In questo ambito sono necessarie caratteristiche personali che, in realtà, riguardano tutti gli ambiti della professione. Bisogna avere empatia, assenza di giudizio, capacità di ascolto. E’ particolarmente importante coltivare queste attitudini, le persone con obesità sono spesso sensibili al giudizio, hanno storie traumatiche di bullismo subìto, di sofferenza per il loro corpo.
Le competenze necessarie sono di tipo
- tecnico-professionale (assessment specifico, test, colloquio clinico, conoscenza approfondita dei correlati psicopatologici)
- multidisciplinare (conoscenza essenziale degli aspetti nutrizionali, internistici, chirurgici)
- di processo (conoscenza del percorso chirurgico, capacità di interagire con professionisti di altra area)
Conduco supervisioni individuali o in piccoli gruppi e corsi di formazione strutturati.